Il sole dei Morti
opere di Massimo Dalla Pola
CONVERSAZIONE
“La gloria
è simile a un cerchio nell'acqua che va sempre allargandosi,
sin a
quando per il suo stesso ingrandirsi si dissolve col nulla”.
Enrico VI – atto I, scena II (William Shakespeare)
Enrico VI – atto I, scena II (William Shakespeare)
Massimo Dalla Pola
con la serie Il sole dei morti (ispirata alla frase di Honoré de Balzac secondo cui "la gloria è il sole dei morti"), ha evidenziato i paradossi che si
nascondono dietro la parola gloria e la sua effimera esistenza.
Il potere e la
autorità che si celano dietro ai monumenti, ai luoghi, agli slogan sono
pulsanti e a tratti spaventevoli solo nel loro presente; infatti col passare
del tempo si tramutano in ombre che si mostrano al mondo in allure decadente.
Questo paradosso
ne porta in grembo un altro: perché l’umanità di fronte alla fugacità della
gloria e la momentanea potenza dei suoi emblemi persiste nell’ambirla?
La tua riflessione sulla gloria come frutto dell’esercizio del potere, ti ha portato a compiere una ricerca e una catalogazione degli edifici, dei monumenti e dei simboli della propaganda. Come è avvenuta la tua selezione, quali criteri hai usato per orientarti nelle scelte?
Nessuna in
particolare, ho privilegiato le realtà nazionali che sono e sono state più
aggressive anche dal punto di vista architettonico/celebrativo (non solo le
dittature o i regimi totalitari) e ho cercato di evidenziarne le similitudini
formali come ad esempio nelle sculture rupestri del monte Rushmore, nel South
Dakota e del giovane Mao a Changsha in Cina.
A tuo avviso,
perché in ogni cultura vi è la necessità e l’urgenza di dover accompagnare e
sottolineare la potenza, o presunta tale, politica e culturale con degli
emblemi?
A volte i simboli
servono come veri e propri spot tridimensionali, un abbellimento per rendere
socialmente accettabili episodi o periodi terribili (penso ai monumenti
celebrativi delle guerre, delle battaglie, quelli ai caduti, di cui l’Europa è
tempestata); quando sorgono uno stadio o una chiesa, si realizzano luoghi di
imbonimento (un atteggiamento del potere più mellifluo e subdolo) mentre un nuovo
grattacielo o il quartier generale di una multinazionale raffigurano appieno
l’idea del potere distante e spietato. Solo raramente, perlopiù nella
progettazione urbanistica, c’è anche una volontà di grandezza e di
ridefinizione ideologico/formale della realtà.
Quali sono oggi i
luoghi e i segni del potere?
I luoghi del
potere oggi sono le borse finanziarie, che paradossalmente, tendono più a
nascondersi che ad apparire (anche se le borse di Shanghai e Shenzhen,
costruite negli anni ‘90, sono edifici giganteschi) e probabilmente i luoghi
virtuali del potere stanno nei PC dei nostri vicini di casa.
Le opere che
compongono la serie Il sole dei morti sono dipinti dal tratto essenziale
e analitico. Riecheggiano le illustrazioni che si trovano sui vocabolari e
sulle enciclopedie. Questa modalità pittorica sottolinea la tua urgenza di
schedatura e il tuo desiderio di descrizione?
Mi piace lavorare
per cicli, per flussi e per temperie, procedo ricercando, informandomi e
approfondendo, il resto è solo applicazione di una tecnica, che non è la sola
disponibile, la migliore, ma la più adatta.
L’essenzialità e
la sintesi sono delle peculiarità delle tua poetica. Mi spieghi da dove nascono
questa tue necessità?
Il mio intento è
quello di realizzare un lavoro con “assenza di mano”, sintetico e antitecnico
che, nella realizzazione, si sostanzia in una volontà d’assenza, di nascondere,
più che di ostentare, soprattutto nella scelta del nero, un non-colore che
riesce a celare, fino a che l’occhio non si avvicina, i contorni, le trame del
disegno.
Utilizzando la
carta vetrata come supporto delle opere, hai impresso alla serie un sentore di
“iperrealismo”. Quei monumenti nel corso della storia mutano, si deteriorano e
posso essere utilizzati e percepiti in maniera differente. Poiché la carta
vetrata dà l’idea dello sbriciolamento, del “mutamento”, sei riuscito a
trasmettere la reale natura dei tuoi soggetti. In altre parole, ad infondere
alle opere l’essenza effimera dell’atemporalità dei monumenti. Concordi con me?
Sono molto
attratto dai materiali, in questo caso per la irregolarità, la ruvidità, e mi
piace che essi vivano per se stessi e assumano un ruolo rilevante nel mio
lavoro. Non avevo pensato allo sbriciolamento ma effettivamente l’idea del
tempo che passa e quindi del dissolvimento, della sparizione dei dettagli è un
altro momento di ricerca che caratterizza la mia produzione (soprattutto quella
fotografica) e qui, parlando di gloria e di posteri, direi che la suggestione è
centrata.
Visto che il tema
di fondo della serie è la gloria e tu sei un artista, scostandoci dalla
riflessione sulla gloria come esercizio del potere, per pensarla nel campo
dell’arte oggi, secondo te qual è la gloria di un’opera d’arte? E quale la
gloria per l ’artista?
La gloria dell’artista
è solo formale e a volte non è nemmeno attribuibile, come nei capolavori
collettivi delle cattedrali gotiche o romaniche; il contenuto di un lavoro,
invece (chi fosse Monna Lisa, ad esempio) è secondario e la gloria del soggetto
raffigurato (che è spesso il motivo per cui un’opera d’arte viene realizzata)
soccombe rispetto a quella di chi il lavoro lo realizza.