Alex Urso definisce i suoi lavori “teatrini”, io preferisco chiamarli diorami.
Il diorama, che significa: veduta, fu inventato da L.J.M. Daguerre e C.M. Bouton nel 1822 per
ottenere effetti tridimensionali nella rappresentazione di luoghi, persone e
oggetti; era costituito da stratificazioni di tele trasparenti dipinte che, con
una particolare illuminazione, davano all’osservatore l’idea di realtà. Oggi
viene considerato un diorama, per esempio, la vetrina del museo che rappresenta
un ambiente naturale, dove vi sono collocate elementi artificiali e reali
appartenenti al regno vegetale o al regno animale.
Gli aspetti
essenziali del diorama: idea di veduta prospettica, di raffigurazione
tridimensionale del reale, la ricerca dell’equilibrio estetico, la minuzia con
cui sono realizzati, la magia che emanano e la fascinazione che ti attrae verso
di loro; mi riportano alle opere di Alex Urso.
Le opere che compongono la serie Impossible Nature (2014- 2015), omaggio a Joseph Cornell - pioniere dell'assemblaggio ed
esponente di riferimento del surrealismo americano - sono dei magneti magici che conducono
in un universo sofisticato, pulsante di bellezza e pieno di concetto.
Questa dualità concordante mi porta a pensare che la
poetica di Urso sia un ritorno all’idea - quasi rinascimentale - di un’arte
capace sia di piacevolezza visiva, sia di essere portatrice di “alte”
riflessioni.
Alex Urso assembla “cianfrusaglie apparentemente prive di valore” che recupera dal mondo, e le integra dentro
l’opera ideando nuove narrazioni; visioni dal forte equilibrio formale capaci
d’infondere un senso di quarta dimensione. Sono panorami affascinanti che contengono al loro interno una stratificazione
articolata di senso, delle matrioske concettuali che offrono infinite
riflessioni, e chi le osserva può decidere in che modo spingersi nella loro
trama.
Gli oggetto nelle sue opere non vanno etichettati come
ready made: con Duchamp, Urso, non ha in comune il senso e l’utilizzo dell’oggetto;
semmai, ciò che l’accomuna all’ artista francese, è l’ironica dissacrazione
della storia dell’arte, la smodata precisione, l’ossessione estetica per le
forme e per l’equilibro.
A differenza del ready made duchampiano, l’oggetto
nella poetica di Urso, non si definisce in una nuova veste estetica e
concettuale; l’oggetto è sempre riconducibile al mondo e conserva la sua
identità e la sua pienezza formale. Le lattine, le fotografie, gli arbusti, le
scatole di fiammiferi, le semenze, i fiori artificiali… rimangono tali, non
vengono utilizzati come altro da sé. I frammenti del mondo che popolano i
lavori, sono elementi autonomi che, costudendo la loro identità, decidono di
adattarsi ad un contesto diverso… l’opera. Urso non compie un intervento di
sottrazione dal reale e di definizione altra dell’oggetto, vi scrive attorno
nuove narrazioni.
Le opere della serie “Impossible Nature” riaprono la questione del legame tra l’essere
umano e la Natura.
Il contatto tra l’uomo e la natura è il filo d’Arianna
che percorre la filogenesi dell’essere umano e la storia dell’arte. La visione
della Natura, il confrontarsi con essa, il bisogno di possederla e l’ossessione
di rappresentarla è insito in ogni artista, in ogni epoca; a prescindere dalle
considerazioni e le soluzioni stilistiche che egli trae.
Le forme naturali sono ammalianti, seducenti per la
loro perfezione armonica ma irraggiungibili, rimangono a distanza: sono dei
miraggi. L’artista affascinato da loro tenta di ritrarle e di possederle ma ciò
che è ottiene solo un’imitazione della Natura. Crea una Natura emulata, che il
più delle volte sfocia in un ornamento.
Le scatole zuccherine di Alex Urso, in un primo
momento ci incantano e sembrano condurci in mondo magico di candore e bellezza,
ma in realtà svelano che l’arte non è altro che una bolla di sapone in cui
forme e colori riecheggiano il reale, una bolla che scoppia di fronte alla
presunzione di autenticità del reale raffigurato e che, come la Natura che
rappresenta, è vana.
La Natura surrogata e ornamentale che viene generata
dall’ Arte e il lato fittizio di questa è il motivo conduttore degli assemblaggi
“Impossible Nature”, realizzati negli
ultimi due anni a Varsavia ed esposti, per la prima volta in Italia, allo Spazio Meme.
L’opera, per esempio, dal titolo emblematico: “Non toccare desiderio” (2015) rappresenta tre volatili dai colori
accattivanti che giocano e mangiano delle semenze in un nido artificiale.
Urso ha ritagliato da un libro antico di storia
naturale, tre uccelli che nel corso della storia umana hanno perso la loro
identità di animali e sono diventati oggetti ornamentali e li ha disposti in
modo armonioso nello spazio di un box creando dei finti piani prospettici
quadridimensionali, ha ricoperto il nido con una carta da parati ornamentale
che raffigura rami fioriti, poi ha inserito della semenza vera dai toni che richiamano
le ali dei volatili. In questo modo, l’artista sottolinea ed enfatizza gli
elementi che compongono l’opera, per riproporre, appunto, una visione di Natura
artefatta.
Un altro esempio calzante è l’opera dal titolo “Ziervogel #2” (2015): espressione del cortocircuito tra Arte
e Natura.
L’opera rappresenta un nido dove un collage di un
uccello è riposto su un’altalena di legno e ferro; ai piedi dell’animale vi
sono di bastoncini di semi per uccelli, alle sue spalle un paesaggio bucolico
dove spicca un arcobaleno. Tutti gli elementi reali e artificiali che
compongono il lavoro, dialogano in una perfetta sinfonia visiva… i colori si
richiamano tra loro e le forme s’intersecano in maniera impeccabile. Questo
tripudio per gli occhi è un chiaro manifesto della velleità dell’arte.
Il paesaggio che Urso colloca dietro le spalle del
volatile è una citazione: è l’opera “Paesaggio
con arcobaleno” (1824) del pittore austro-tedesco Joseph Anton Koch. Il
riportare il paesaggio di una artista storicizzato come scenario della propria
opera, rafforza e amplifica il concetto che da sempre per l’Arte, la Natura è
inarrivabile. In questo frangente, la scelta da parte di Urso dell’opera di
Koch, dall’ atmosfera idilliaca, che a tratti sfocia nel kitsch, sottolinea con
una spiccata ironia e padronanza di linguaggio, il carattere decorativo della
Natura.
12 marzo 2016
Impossible Nature-Spazio Meme, Carpi, marzo 2016 |
Impossible Nature-Spazio Meme, Carpi, marzo 2016 |
Impossible Nature-Spazio Meme, Carpi, marzo 2016 |
Impossible Nature-Spazio Meme, Carpi, marzo 2016 |
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Alex Urso: (n. 1987) lavora prevalentemente con la tecnica del
collage e dell'assemblaggio. Laureato in Lettere e Filosofia presso
l'Università degli Studi di Macerata. Diplomato in Pittura presso l'Accademia
di Belle Arti di Brera. Ha partecipato a mostre personali e collettive in
gallerie e spazi pubblici tra Italia e Polonia. Attualmente vive e lavora a
Varsavia, dove porta avanti la sua attività di artista e curatore indipendente,
scrivendo di arte e cultura contemporanea per riviste di settore.